Mi chiamo Sonia Forabosco, ho 43 anni e vivo in Friuli, a Moggio Udinese. Lavoro come insegnante elementare.
Nel maggio del 1997, a una cena fra amici, senza preavvisi di alcun tipo, le mie palpebre hanno iniziato a sbattere in un modo allucinante senza nessuna possibilità di controllo da parte della volontà. Dopo qualche giorno di attesa,ancor incredula di quello che mi stava capitando, ho iniziato un vagabondare dal mio medico curante (che evidentemente non conosceva il problema) a neurologi che mi hanno prescritto medicine per schizofrenici, psicologi che mi consigliavano di rilassarmi, terapeuti vari che sperimentavano le loro teorie. In mezzo a codeste esperienze, mi sono trovata ad avere problemi enormi nel leggere, nel vivere le relazioni e soprattutto nel guidare, cosa per me indispensabile in quanto lavoravo fuori paese.
Il disagio psicologico è stato ENORME in quanto NESSUNO, per un anno, mi ha fatto una diagnosi, quindi non sapevo cosa avevo, non sapevo cosa rispondere a chi chiedeva cos'hai, e mi sono sorbita il compatimento (dei conoscenti) che si riserva a chi sta andando fuori di testa.
La conseguenza ovvia di questa situazione è stata una ENORME depressione che fortunatamente si è risolta. Per puro caso (confidenze di lontani conoscenti) sono venuta a sapere che a Gorizia veniva usata la tossina per curare problematiche simili alle mie.
Dopo il ricovero e l'esclusione di altre problematiche, nel settembre del 1998 mi è stato diagnosticato un blefarospasmo bioculare che da allora curo con iniezioni di tossina ogni 4 mesi circa.
Purtroppo mi accorgo che ultimamente le iniezioni non hanno l'effetto dei primi tempi, e non so se questa è la normalità delle terapie.
Vorrei sottolineare l'incredibile impatto psicologico che questa malattia ha avuto sulla mia persona. Addirittura ho dovuto sospendere il lavoro per due mesi perchè non ero in grado di leggere i compiti dei miei alunni!!
Sono riuscita piano piano ad accettare di vivere questa situazione di disagio, con occhiali neri perennemente attaccati al volto, quando ho capito cosa avevo, quando sono stata cosciente della malattia. Adesso sono capace di riderci sopra, accettare i limiti, compresa una faccia da ebete quando tolgo gli occhiali.
Credo che sia un'ottima cosa raccontare le proprie esperienze e stare in contatto con gli altri perchè quando si conosce si dimezzano le paure.
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